Strumenti compensativi, misure dispensative e diversità
Misure e strumenti riportati nel PDP non sempre vengono accettate di buon grado; infatti, sebbene siano volte a permettere ai discenti di fruire al meglio del proprio percorso scolastico e di apprendimento, possono rappresentare un segnale di “diversità” dal resto della classe.
Vediamo alcune situazioni tipo:
- portare il computer o il tablet a scuola, dal momento che l’uso degli strumenti informatici non riguarda e non coinvolge in egual modo tutti gli studenti e le studentesse, marca una differenza tra chi lo porta e chi lo usa e chi no;
- usare una mappa concettuale durante l’interrogazione può essere valutato da chi non conosce i DSA, l’ADHD e le problematiche ad essi connesse come un “aiutino” o come una “scorciatoia”
- la riduzione del carico dei compiti può essere erroneamente bollata come “svogliatezza”.
Il ruolo della scuola
Uno dei modi per aiutare gli studenti è ricordare che il processo di inclusione deve essere incentivato ed accompagnato dalla scuola in tutte le sue fasi: ogni studente e studentessa che si ritrovi a dover utilizzare degli strumenti compensativi o dispensativi dovrebbe pertanto essere supportato dalla scuola nel complesso lavoro del far accettare gli strumenti al gruppo classe come qualcosa di necessario e non come una scorciatoia presa da una persona “debole” o in difficoltà.
I docenti potrebbero parlare a tutta la classe usando alcune metafore per spiegare l’utilizzo di strumenti o misure particolari, dicendo, ad esempio:
“Le mappe sono un po’ come gli occhiali: se non ho gli occhiali non vedo bene, giusto? È lo stesso con le mappe: se non le ho, posso confondermi o non ricordare l’ordine del discorso”.
Rifiuto degli strumenti compensativi
Gli strumenti compensativi sono particolarmente delicati, poiché la necessità di utilizzarli fisicamente in classe durante le ore di lezione, marcano la differenza fra “chi li ha” e “chi non ne ha bisogno”. Anche qualora il contributo della scuola si riveli virtuoso nel processo di inclusione, può accadere che lo studente continui a manifestare oppositività e riluttanza nell’utilizzo degli strumenti compensativi.
Ciò potrebbe essere correlato ad una mancata accettazione della diagnosi oppure ancora a sentimenti di inadeguatezza e vissuti di svalutazione ad essa correlati.
In questi casi può essere utile:
- informarsi assieme allo studente sul disturbo, scoprire da cosa dipende e come tirare fuori il proprio potenziale!
- ricorrere ad un supporto psicologico, al fine di sostenere lo studente o la studentessa nell’esplorazione dei vissuti connessi alla diagnosi ed alle problematiche sperimentate in ambito scolastico;
- lavorare sull’intero gruppo classe, esplicitando i modi diversi di apprendere di tutti gli studenti (alcuni preferiscono i video, altri le canzoni, altri ancora le parole o i libri, il mondo è bello perché è vario!).
Il rifiuto delle misure dispensative
Lo stesso discorso vale per le misure dispensative; pur essendo meno “visibili” degli strumenti compensativi, c’è il rischio che misure come la riduzione del carico di compiti o la decurtazione di alcuni esercizi nelle verifiche scritte possano ingenerare il sentimento di “non farcela” nello studente.
Inoltre spesso lo studente ha il timore di incorrere in sanzioni per non aver completato i compiti a casa, o “nascondersi” dietro questo timore per celare un sentimento di impotenza e di frustrazione generato dal sentirsi diverso dagli altri.
Il ruolo del tutor
Affiancare un tutor didattico nello studio può essere un’ottima risorsa per ovviare a molti dei problemi sopra indicati.
Il Tutor DSA non è un insegnante di sostegno, né un semplice aiuto per il doposcuola ma si pone come figura ponte fra lo studente, la famiglia e la scuola.
Il tutor si occupa di:
- supportare nell’acquisizione un metodo di studio personale ed efficace;
- aiutare ad utilizzare al meglio gli strumenti compensativi;
- accrescere l’autonomia, l’autostima ed il senso di autoefficacia dello studente.
L’oppositività al tutor
Anche la figura del tutor può trovare delle opposizioni.
Ciò può accadere qualora non venga adeguatamente introdotta e non ne venga esplicitata la funzione, ma anche quando le problematiche psicologiche correlate al disturbo (o anche sottostanti ad esso) non sono adeguatamente trattate o riconosciute.
Un corretto inquadramento diagnostico ma soprattutto un’attenzione viva e costante ai vissuti dello/la studente/ssa sono i prerequisiti affinché si possa tessere una relazione significativa e costruire un ambiente di lavoro sereno.
Inizialmente, quindi, il tutor in questi casi deve:
- chiedere al ragazzo o ragazza perché pensa di aver bisogno di un tutor;
- esplicitare qual è il suo compito e come può essere d’aiuto;
- decidere assieme allo studente/studentessa quali sono gli obiettivi da raggiungere assieme.
Esempi pratici
Ecco di seguito tre situazioni in cui si è presentato uno dei problemi trattati, e come è stata risolta grazie all’intervento della tutor, dello psicologo ed alla sua mediazione con la scuola.
Elementare
Uno studente di 4° elementare si rifiuta di utilizzare mappe e tavole numeriche durante le verifiche scritte o orali perché dice che gli altri compagni potrebbero “prenderlo in giro”, infatti “può copiare” dalla mappa.
Viene deciso, dalla tutor e dai genitori, di organizzare un colloquio con le docenti che, a seguito delle nuove informazioni, organizzano una giornata dedita alla ricerca e alla scoperta degli stili cognitivi, facendo scoprire a ogni studente cosa e come gli piace apprendere.
I risultati vengono appesi su un cartellone in classe e ogni studente ha la possibilità di scegliere uno tra gli strumenti indicati (canzoni, mappe, riassunti, presentazioni video) per prepararsi alle valutazioni orali.
Medie
Una studentessa di seconda media oppone una strenua resistenza all’uso delle mappe concettuali in classe.
Dice che si vergogna; se i compagni vedranno che le usa la prenderanno in giro e lei non vorrà più andare a scuola. La tutor decide di contattare la coordinatrice di classe ed esporre a lei il problema.
Insieme l’insegnante e la tutor elaborano una soluzione: durante le verifiche, scritte e orali, sarà messo a disposizione di tutta la classe un faldone contenente le mappe concettuali elaborate insieme, e chiunque di volta in volta potrà alzarsi e consultarle.
Superiori
Uno studente di primo superiore, arrivato tardi alla diagnosi dopo un percorso diagnostico complicato, non accetta di utilizzare le mappe e gli altri strumenti perché “sente di potercela fare da solo”.
I suoi voti invece calano sempre di più, e i professori, disponibili ma allarmati, dicono che potrebbe rischiare di perdere l’anno. I genitori decidono di contattare la nostra struttura e chiedere un consulto psicologico.
Il ragazzo fa un ciclo di incontri conoscitivi, in seguito al quale viene organizzato un incontro con la psicologa e la coordinatrice di classe con lo scopo di conoscere come il ragazzo è inserito nel gruppo classe e qual è il suo stile relazionale, oltre che le problematiche strettamente legate all’apprendimento.
Emerge che il ragazzo non ha accettato il fatto di avere delle problematiche, cosa che ha reso anche particolarmente difficile il suo accesso alla diagnosi e più ostinata la sua ostilità nei confronti della scuola.
Si decide pertanto di intraprendere un percorso psicologico con l’intento di favorire l’accettazione della diagnosi ed esplorare le problematiche ad essa connesse.
Il ragazzo prosegue tuttora il percorso, e risulta essere più sereno sia con i compagni che rispetto allo studio.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo parlato di cosa succede dopo una valutazione e aver ottenuto una certificazione, di quale può essere l’accoglienza dello studente nei confronti del PDP e delle misure compensative e dispensative.
Abbiamo poi affrontato l’importanza del ruolo del tutor e del supporto psicologico nella risoluzione di situazioni problematiche e nel processo di accettazione delle misure previste dal PDP, soffermandoci su come anche il tutor possa essere accolto sfavorevolmente, e su come sia indispensabile a tal proposito accogliere e comprendere i vissuti dello/della studente/ssa.
Infine sono stati fatti tre esempi pratici derivanti la nostra esperienza, esponendo il modo in cui è stata risolta grazie all’intervento della tutor, della psicologa e della mediazione con la scuola.
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